Pellegrini e Tarocchi

Le strade d’Europa sono state attraversate dai pellegrini cristiani sin dai primi secoli dopo Cristo. Dapprima verso Gerusalemme, diretti soprattutto al Santo Sepolcro. Questa meta è tra le più antiche e diventa molto praticata dopo la fine delle persecuzioni contro i Cristiani. Dal IV secolo è attestata anche una discreta mobilità femminile: in primis Sant’Elena, la madre di Costantino, che tradizionalmente è considerata la prima pellegrina della storia.

I nostri viandanti avevano degli specifici emblemi di riconoscimento.
I “palmieri”, diretti a Gerusalemme, al ritorno portavano con loro delle piccole croci (a conferma della fede in Cristo e nel mistero della Resurrezione); oppure dei ramoscelli di ulivo (simbolo di pace) o le palmette di Gerico (simbolo della vittoria sul peccato e del martirio).
I “romei”, che andavano a Roma a visitare le tombe degli apostoli Pietro e Paolo e che videro il loro numero crescere soprattutto a seguito del primo Giubileo indetto nel 1300, avevano come insegne delle piccole medaglie con le icone di San Pietro e/o San Paolo, oppure le chiavi di San Pietro o la Veronica ovvero la reliquia conservata in San Pietro in Vaticano, immagine del telo impregnato del sangue di Cristo e recante la sua effige, la vera-icona (molto venerata e celebrata anche da Dante nella Divina Commedia e da Petrarca nel Canzoniere).

 

I “giacomei”, infine, secondo questa differenziazione che si deve già a Dante Alighieri (Convivio) e poi rimasta canonica, sono pellegrini verso la cattedrale di Santiago di Compostela, dove sono conservate le reliquie dell’apostolo San Giacomo Maggiore. Una spinta verso questa meta si ebbe intorno al 950 quando, su iniziativa del potente abate di Cluny, si cercò di potenziare la Reconquista spagnola contro i musulmani. L’insegna dei giacomei era ed è la capasanta, ossia la grande conchiglia il cui simbolismo è legato ad un miracolo compiuto da San Giacomo e che pertanto è diventata emblema della provvidenza divina e della salvezza.

 


La divisa del pellegrino, dal pregnante simbolismo, che veniva benedetta durante una specifica liturgia di investitura praticata prima della partenza, prevedeva una bisaccia fatta di pelle di un animale morto; un bordone, cioè il bastone ricurvo che era assegnato come se fosse stato un terzo piede; un mantello con il cappuccio, detto pellegrina o schiavina. Inoltre vestiva una tunica cinta alla vita da un cordone e le gambe e i piedi erano protetti da lunghe calze di lana e stivaletti. Al bordone, cioè al bastone, veniva legato un fazzoletto di stoffa bianco asperso di acqua benedetta. Sulla testa indossava il cappello rotondo, chiamato petaso, a falde larghe, di feltro o di cuoio, alla cui tesa rovesciata era appeso l’emblema distintivo del suo viaggio, quindi la croce oppure la palmetta o la conchiglia …

Un accostamento iconografico molto interessante è quello che si può istituire tra il pellegrino, in genere sintetizzato nel corso dei secoli dalla stessa iconografia di San Giacomo Maggiore, e due carte dei Tarocchi, nello specifico con il Mago e con l’Eremita.
Gli Arcani Maggiori e Minori hanno una tradizione molto antica e c’è chi li fa risalire addirittura all’antico Egitto.
Pentacoli magici ricchissimi di simbolismo.
Il Mago, o Bagatto è la prima carta, contraddistinta anche dal numero 1 e dalla prima lettera dell’alfabeto ebraico (Alef). Indica l’inizio, l’Unità, il Principio di tutto in cui in germe vi è già lo sviluppo dell’intera opera da compiere. Il mago è un giovane uomo che indossa un cappello recante il simbolo dell’infinito e che ha davanti a sé la Coppa, il Denaro, la Spada e impugna un Bastone. Come si può leggere ne La chiave del tarocco di Alessandro Benassai, questi quattro oggetti precipui sono simboli delle sue qualità e facoltà. La Coppa simboleggia il cuore ma anche la Sapienza e l’Amore che risiedono in esso, simbolicamente rimanda anche ad un’altra coppa: quella del Graal, la coppa che dispensa l’acqua della vita eterna. L’oro del Denaro rimanda al suo discernimento spirituale. La Spada è la sua volontà messa al servizio del Bene. Il Bastone indica, tra gli altri aspetti, anche il dominio e la proiezione delle forze. Questi quattro importanti simboli stanno ad altri quattro rilevanti verbi iniziatici: Sapere (Coppa), Osare (Bastone), Volere (Spada), Tacere (Denaro). Si tratta, pertanto di simboli di quelle qualità e di quelle forze grazie alle quali il Mago può intraprendere il cammino interiore che lo porterà ad una reintegrazione con Dio.
I 22 Arcani Maggiori, infatti, possono essere letti anche come fasi, step, di un ben preciso itinerario, di un cammino di trasmutazione interiore. Più o meno come quello di un vero pellegrino.

 

 

Il mantello, la lanterna e il bastone sono, invece, gli attributi dell’Eremita. Questa carta dei Tarocchi rappresenta il vero ardore religioso che, unito all’intelligenza rischiarata dalla luce della lampada e al raccoglimento interiore simboleggiato dal mantello, consente di procedere lungo questo cammino di evoluzione spirituale. Come il pellegrino, l’eremita è sorretto anche dalla fede e dalla perseveranza simboleggiate del bastone. Infatti il bastone è anche una forza su cui appoggiarsi e fare leva per cercare di vincere, passo dopo passo, tutte le resistenze che il mondo gli oppone. L’eremita, che volontariamente muore al mondo terreno, sta alla rinascita spirituale, divina. Ma si tratta solo dell’ottava carta, questo cammino prevede infatti che si vada avanti, ancora avanti, sempre avanti…